È un unicum del panorama del trapianto del microbiota fecale dopo la conferma del Centro Nazionale Trapianti: al Policlinico di Milano, la flora intestinale “buona” che può curare infezioni batteriche ricorrenti è selezionata via screening tra i donatori di sangue periodici. Si tratta di una innovativa procedura ideata dai professionisti della Gastroenterologia ed Endoscopia, dalla Medicina Trasfusionale e dalla Microbiologia e Virologia della struttura milanese, che diventa così anche il primo centro autorizzato per questo intervento in Lombardia
È un trattamento dalle interessanti prospettive anche per la cura della malattia di Crohn, della colite ulcerosa e del Parkinson.
Per comprendere qual è la novità è bene sapere cos’è il trapianto del microbiota fecale: si tratta di somministrare la componente batterica “buona” a persone con patologie associate a un disequilibrio della flora intestinale attraverso le feci di un donatore sano. Questa pratica è autorizzata in Italia soltanto per la cura delle infezioni recidive da Clostridioides difficile, patologia di cui negli ultimi anni si assiste a un aumento dei casi e colpisce soprattutto i pazienti più anziani.
Nel nostro Paese sono pochi i centri dedicati alla cura via trapianto di microbioma dell’infezione da Clostridioides difficile, batterio la cui presenza è associata appunto a un’alterazione della flora intestinale che causa diarrea, colite e, nei casi più gravi, la perforazione del colon con un elevato indice di mortalità.
La difficoltà principale oggi nell’esecuzione del trapianto di microbiota fecale (FMT), sta nell’individuare persone idonee alla donazione. Da qui la soluzione avanzata dal team di lavoro del Policlinico di Milano diretto da Flavio Caprioli, gastroenterologo responsabile del Programma e del Centro FMT: attingere dall’ampia platea di quanti donano periodicamente il sangue, ossia soggetti sani, dallo stile di vita bilanciato e propensi ad aiutare il prossimo. In questo modo si ottiene il doppio risultato di aumentare il reperimento di donatori idonei e unire sotto una unica supervisione le fasi di selezione dei donatori; raccolta di unità per la donazione, conservazione e analisi dei campioni; selezione del ricevente e somministrazione del trapianto.
In pratica, quel che per tutti è materiale di scarto, qui diventa un bene prezioso.