Deve essere un vero e proprio patto per l’eliminazione dell’Epatite C in Italia. Lo sottolineano decisamente esperti, professionisti sanitari e sociosanitari, società scientifiche e associazioni dei pazienti, nonché rappresentanti delle istituzioni.

Il ‘Patto per l’eliminazione dell’Epatite C’ in Italia è stato presentato e firmato a Roma il 22 ottobre dopo un acceso confronto che ha caratterizzato l’evento ‘Epatite C: Obiettivo eliminazione, il momento è adesso. Strategie e modelli organizzativi per riscrivere la storia delle epatiti virali’.

Le azioni al centro dell’incontro promosso da Gilead Sciences sono: prorogare l’attuale programma di screening gratuito per l’Epatite C a tutto il 2025, promuovendolo con maggior efficacia, ed estenderlo anche ai nati tra il 1948 ed il 1968, oltre all’attuale coorte di nascita 1969-1989, oggi considerata. Due azioni indispensabili e prioritarie secondo gli esperti per raggiungere l’obiettivo dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms): eliminare questa infezione entro il 2030.

E sulla base dei dati presentati durante l’incontro, per mettere in pratica tali azioni, per il patto non sono necessari fondi aggiuntivi rispetto ai 71,5 milioni di euro già stanziati attraverso il Decreto Milleproroghe, per la maggior parte ancora non utilizzati, anche a causa della bassa adesione. Nel corso dell’evento, infatti, è emerso come la copertura dello screening abbia raggiunto solo l’11% della popolazione generale tra i 35 e i 55 anni.

Come ha spiegato la presidente dell’Associazione Italiana Studio del Fegato (Aisf), Vincenza Calvaruso, “L’Epatite C è una malattia infiammatoria del fegato causata dal virus Hcv. Nella maggior parte dei casi l’infezione evolve in epatite cronica, fibrosi, cirrosi e carcinoma epatico. Questo processo dura molti anni, durante i quali l’infezione resta silente. È quindi molto difficile stimare il cosiddetto sommerso e pertanto, per raggiungere l’obiettivo dell’eradicazione dell’epatite C, è essenziale in primo luogo non fermare il programma di screening ma continuare ad assicurarlo e implementarlo ovunque non sia ancora partito per tutte le popolazioni target”.

Da ricordare che il programma di screening per l’Epatite C è stato lanciato in Italia nel 2020, con l’intento di individuare le infezioni sommerse e trattarle precocemente, per ridurre la trasmissione del virus e l’incidenza delle gravi complicanze correlate. Il programma è destinato a tre popolazioni target: i nati tra il 1969 e il 1989, le persone seguite dai Servizi per le dipendenze (Ser.D.) e le persone detenute.

“Lo screening – ha evidenziato il direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), Massimo Andreoni – ha permesso di identificare ad oggi oltre 10.000 persone che non sapevano di avere l’infezione da Hcv e che in molti casi abbiamo potuto avviare al trattamento. Questi risultati sono stati ottenuti nonostante il programma abbia subito ritardi e in molte regioni non sia stato completamente implementato. Risultati che danno un importante segnale sulle potenzialità dello screening“. Importante prorogarlo e non solo: bisogna anche non interromperlo poiché ci sarebbe una impennata nelle complicanze da Epatite C, con evidenti costi maggiorati e di gestione sul Sistema Sanitario Nazionale”.

Secondo i dati del Report ‘Eliminazione dell’Epatite C in Italia- Stato dell’arte e possibili nuove strategie regionali’, realizzato da Isheo per Gilead Sciences, al 31 dicembre 2023 erano state testate oltre un milione di persone ed erano stati identificati oltre 10.000 casi di infezione da Hcv attiva. Dunque è assolutamente necessario concretizzare il patto per scomfiggere davvero l’Epatite C.

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