È ancora un tabù il binomio sesso e Sclerosi Multipla (SM), la patologia cronica e progressiva che colpisce soprattutto i giovani, circa 140mila persone nel nostro paese. Secondo i dati, fino al 54% dei malati con SM soffre di disfunzioni sessuali correlate alla malattia, che ne peggiorano la salute complessiva. Del resto, intimità e sessualità sono componenti significative della vita e del benessere, anche per chi affronta la Sclerosi Multipla.

Ancora oggi però il legame tra sesso e patologia rappresenta un argomento sommerso. I numeri ci dicono che il 48% dei pazienti non si sente libero di parlare apertamente con il medico di tutti gli aspetti che riguardano la malattia, inclusi l’impatto sulle sfere più personali e intime. Non solo: il 66% non è incoraggiato a condividere aspetti non clinici della sua condizione.

È dunque il momento di fare emergere questo argomento e abbandonare il tabù che lo avvolge. Anche grazie ai passi avanti fatti dalla ricerca. L’intento è superare l’imbarazzo e instaurare un dialogo aperto tra medico e paziente, libero da pudori, insieme a un approccio multidisciplinare che coinvolga urologo/ginecologo e psicologo. Il paziente deve essere protagonista del proprio percorso di cura, da ogni angolazione, un tema su cui Novartis è impegnata attraverso il profilo Instagram @scaccomattoallaSM.

Tra i sintomi sessuali più comuni di chi è malato di SM, ci sono disfunzione erettile, diminuzione della lubrificazione vaginale, alterata sensibilità dell’area genitale e una minore frequenza e/o intensità dell’orgasmo.
Tali disturbi si distinguono in primari (sintomi neurogenici che influenzano direttamente la sessualità), secondari (sintomi neurologici che influiscono indirettamente sul funzionamento sessuale, come la fatica), e terziari (aspetti emotivi, psicologici e sociali che influenzano la sessualità).

Commenta in proposito la professoressa Gerola Marfia, responsabile della U.O.S.D. Sclerosi Multipla della Fondazione PTV – Policlinico Tor Vergata, Roma: “Nella pratica clinica possiamo e dobbiamo ampliare il nostro raggio d’azione andando a investigare e diagnosticare precocemente, attraverso questionari validati, tutti quei sintomi variamente correlati alla malattia che impattano sul benessere complessivo della persona con SM, tra cui i disturbi a carico della sessualità. Solo attraverso l’attivazione di percorsi di cura adeguati, che prevedano l’intervento integrato di specialisti di diverse discipline, possiamo dare al paziente l’opportunità di realizzare i propri progetti di vita, compresa la possibilità di vivere serenamente la relazione di coppia”.

A causa della sua complessità, il trattamento della Sclerosi Multipla deve essere personalizzato, combinando la terapia più adatta allo stato clinico del paziente con le sue esigenze individuali. È fondamentale un approccio collaborativo in cui il paziente si senta libero di comunicare al medico tutti i sintomi, le aspettative e i desideri, per comprendere insieme le evoluzioni della malattia.

Gli strumenti digitali di monitoraggio e supporto alla preparazione alla visita, come My MS checklist, co-sviluppata da Novartis, dalla Multiple Sclerosis Association of America (MSAA) e neurologi esperti nell’ambito della campagna ScaccoMattoallaSM, possono essere di grande aiuto per facilitare discussioni aperte e partecipative con il neurologo.

“La pratica clinica ci sta dimostrando che stimolare i pazienti a partecipare attivamente alle decisioni terapeutiche, non solo ci aiuta a scegliere in modo personalizzato la soluzione più performante nel controllo della Sclerosi Multipla, ma ha anche un impatto positivo globale in termini di esiti di salute e miglioramento della qualità di vita”, dice ancora Marfia. “L’avvio di un processo decisionale condiviso rappresenta, quindi, una grande opportunità per la persona con SM nell’ottica di condurre una vita libera dai sintomi talora associati alla malattia”. E aggiunge: “È necessario far comprendere al paziente che il neurologo è un alleato che condivide con lui lo stesso obiettivo: tenere sotto controllo la malattia garantendo all’individuo la miglior qualità di vita possibile”.

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