Il Forum della Non Autosufficienza di Bari ha visto, fra gli innumerevoli approfondimenti di natura convegnistica, l’incontro organizzato da Ansdipp e Anaste su “Il sistema integrato dei servizi socio sanitari: siamo ad un punto di svolta?”. Il grido d’allarme più volte lanciato dalle rsa prende la piega di una grave denuncia su ritardi e scelte sbagliate per la sostenibilità dell’intero sistema d’assistenza alla terza età.

A Bari, l’occasione è importante: parlare di riforme, managerialità e reti in campo di fronte a una serie di problemi che riguardano soprattutto le condizioni degli anziani, l’assistenza e le strutture per la terza età è tema centrale nel momento in cui viviamo una grande trasformazione sociale. Davanti al progressivo ed esponenziale aumento dell’invecchiamento della popolazione, lo scarso interesse e soprattutto l’assenza di azioni positive da parte della politica e della governance per l’assistenza agli anziani lascia esterrefatti. Presentati dal giornalista Luca Guazzati direttore di Senzaetà, il Presidente Ansdipp Sergio Sgubin, il Presidente Anaste Lazio Pierpaolo Gasbarri (che ha portato il saluto del Presidente nazionale Anaste Sebastiano Capurso) il Presidente Ansdipp Puglia Nicola Castro e l’avv. Paolo Amato per l’Anaste, hanno illustrato una situazione preoccupante, lanciando l’ennesimo allarme, stavolta circostanziato da dati e cronache. Il sistema sociosanitario italiano è indietro e inadeguato ancora ospedalocentrico e non all’altezza dell’emergenza polipatologica dell’alto numero di ultrasessantacinquenni, che hanno malattie complesse, comorbilità, problemi neurodegenerativi e hanno davanti due strade solo. Mettersi nelle liste d’attesa degli ospedali oppure cercare la raccomandazione o la conoscenza giusta per entrare in una rsa. “Piuttosto che a valorizzare e potenziare le rsa sul territorio oggi si pensa a finanziare il riarmo come priorità assoluta” – è stato detto. Il rispetto della vita degli anziani e diventa una condizione sociale che riguarda tutti, dall’economia alla famiglia, dal Sociale alle opportunità di lavoro che le varie professioni della sanità consentono e non sono considerate.  Le cronache, dalla pandemia in poi, sembrano calcare la mano su episodi di malasanità e violenza nelle rsa, mentre c’è silenzio sul sacrificio cui queste strutture, abbandonate a loro stesse, sono state sottoposte durante il covid. Per questo da una parte Ansdipp, Anaste e le altre sigle interassociative insistono sulla formazione professionale, continua, mirata, che va dal manager agli oss, anche dal punto di vista contrattuale, lavorativo e per la responsabilità e il riconoscimento dei ruoli. Dall’altra parte, le stesse rsa rischiano di non poter più garantire servizi e assistenza senza la rivisitazione delle rette e nuove risorse al settore. Emerge forte allora il messaggio della necessità immediata di un riequilibrio dei finanziamenti pubblici, il riconoscimento delle professionalità degli operatori delle strutture per la terza età. Insomma solo dall’equilibrio fra la sostenibilità delle imprese i diritti dei lavoratori si possono salvare le rsa. E le testimonianze delle situazioni territoriali della Puglia e del Lazio rafforzano tale visione e dovrebbero far riflettere le istituzioni. Nonostante tutto, c’è ancora ottimismo: urge trovare nelle pieghe della normativa attuale e nei fondi europei lo spazio di crescita che permetta a rsa e assistenza territoriale in genere di sopravvivere e non esser travolte da scelte come le case di comunità, la cui nascita tarda e viene minata dalla carenza cronica di personale. Un palliativo insufficiente a risolvere le esigenze dell’invecchiamento della popolazione.

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