Si sa che la malattia di Parkinson colpisce soprattutto gli anziani. Però non è esattamente così. Secondo una survey del 2024 di IQVIA Italia, leader mondiale nell’analisi di dati sanitari e farmaceutici, sono oltre 310mila (di cui l’84% con più di 70 anni) le persone che ne soffrono. I dati mostrano una crescita di nuovi casi tra gli under 60, con un esordio che può verificarsi già a partire dai 40 anni. Nell’ultimo anno, sono state diagnosticate 16mila persone che hanno iniziato il trattamento specifico.
Questi numeri mostrano un’evoluzione non solo clinica, ma anche sociale. Dunque, il Parkinson sta entrando nella vita delle persone in età lavorativa, influenzando la vita quotidiana, il lavoro e il benessere psicologico dei pazienti e delle loro famiglie.
Intanto, a livello di terapie, si nota una evoluzione nelle cure. Attualmente, i farmaci a base di L-Dopa continuano a essere il pilastro del trattamento (40%), ma negli ultimi anni si è osservata una crescita nell’uso degli inibitori della monoamino ossidasi (MAOIs), passando dal 24% al 29%. Allo stesso tempo, gli agonisti della dopamina sono diminuiti significativamente, dal 25% al 18%. e vengono prescritti in modo più selettivo.
Un altro dato interessante riguarda la diffusione degli inibitori della catecol-O-metiltransferasi (COMT), che rappresentano circa il 4% dei trattamenti, mentre gli anticolinergici vengono utilizzati nell’8% dei casi, soprattutto nei pazienti più giovani con sintomi predominanti di tremore.
Lo studio ha poi evidenziato come l’accesso ai trattamenti non sia omogeneo in tutto il paese.
Liguria, Abruzzo e Marche sono le regioni con la più alta concentrazione di pazienti in trattamento, mentre Lombardia, Emilia-Romagna e Trentino mostrano numeri inferiori. Questo divario è in parte legato alla distribuzione della popolazione anziana. L’accesso alla terapia può variare anche in base alle politiche sanitarie locali e alla disponibilità di farmaci e centri specialistici.
I dati di IQVIA Italia fanno notare la necessità di un monitoraggio costante dell’evoluzione della malattia e delle strategie di trattamento.
I ricercatori hanno evidenziato come il Parkinson non sia solo una malattia da trattare, ma una condizione che influenza la vita quotidiana delle persone. L’aumento delle diagnosi nelle fasce di età più giovani richiede un cambiamento di prospettiva. Non basta parlare di trattamenti farmacologici, è necessario un modello di cura che garantisca un supporto concreto ai pazienti e alle loro famiglie. Oggi più che mai, è essenziale rafforzare i percorsi di cura multidisciplinari che includano non solo neurologi, ma anche fisioterapisti, psicologi e assistenti sociali.
La malattia di Parkinson, infatti, non si ferma alla terapia.
Significa dover affrontare difficoltà nel movimento, impatti sulla sfera emotiva e lavorativa, e la necessità di adattare la propria vita a una realtà in costante cambiamento. Pertanto, la sfida più grande non è solo trovare il farmaco giusto, ma costruire un sistema che accompagni il paziente lungo tutto il percorso della malattia. (foto unsplash)