ROMA – Federcontribuenti denuncia con forza l’ennesima vergogna del sistema sanitario nazionale: nei fine settimana, durante i ponti e nei giorni festivi, molti ospedali italiani si fermano, rinviando esami diagnostici e accertamenti clinici fondamentali per i pazienti ricoverati. Una paralisi organizzativa che non trova giustificazioni né sul piano sanitario né su quello economico. «È intollerabile che un malato ricoverato il venerdì debba attendere fino al lunedì – o addirittura oltre – per una semplice ecografia, un prelievo, una TAC o qualsiasi altro accertamento che potrebbe sbloccare la diagnosi e avviare la terapia, o addirittura consentirne le dimissioni», dichiara il presidente di Federcontribuenti, Marco Paccagnella. «Questa inerzia forzata non solo prolunga inutilmente la degenza dei pazienti, ma incide pesantemente sui costi della sanità pubblica, che vengono poi scaricati sui cittadini.» In un Paese in cui si discute quotidianamente di tagli, razionalizzazioni e spending review, è assurdo che nessuno intervenga per colmare questo vuoto organizzativo che, nei fatti, blocca l’attività sanitaria per almeno due giorni su sette. Un terzo della settimana. Un’enormità. «Non stiamo parlando di interventi chirurgici complessi o terapie sperimentali – prosegue Paccagnella – ma di banali esami di routine, fondamentali però per la gestione clinica. Se la sanità è un diritto e non un privilegio, non può essere sospesa per il calendario.»
Federcontribuenti riceve ogni settimana segnalazioni da parte di familiari di pazienti ricoverati in tutta Italia: reparti semivuoti, personale ridotto all’osso, diagnostica sospesa. «La situazione è surreale – aggiunge Paccagnella – si ha la sensazione che negli ospedali pubblici il tempo si fermi ogni venerdì pomeriggio. Intanto i degenti, spesso anziani, rimangono parcheggiati nei letti in attesa di un esame che potrebbe essere eseguito anche il giorno successivo.» Un’attesa che non solo dilata i tempi della guarigione, ma espone anche a maggiori rischi di infezioni ospedaliere, deperimento fisico, disagio psicologico. Senza contare l’aggravio per il Sistema Sanitario Nazionale: ogni giorno di degenza costa mediamente tra i 500 e i 700 euro a carico della collettività. «Serve una riforma seria dell’organizzazione ospedaliera, fondata su turnazioni reali, responsabilità dirigenziali e un utilizzo efficiente delle risorse – conclude Paccagnella –. Il diritto alla salute non può essere messo in stand-by dal venerdì al lunedì. È ora di dire basta a una sanità a giorni alterni.»