NAPOLI – Il test NIPT (Non-Invasive Prenatal Testing) potrebbe rivelare lo sviluppo di un cancro nelle madri gravide nel caso l’amniocentesi o la biopsia dei villi coriali risultino negative.
E’ il risultato di uno studio di grande rilevanza nel campo della diagnosi genetica prenatale attraverso un esame di screening genetico non invasivo che valuta il rischio di anomalie cromosomiche fetali, come la sindrome di Down, analizzando il DNA fetale presente nel sangue materno, ottenuto tramite un semplice prelievo di sangue dalla madre.
Lo studio è stato condotto da un team di ricercatori italiani che hanno aperto nuove prospettive sul potenziale ruolo del test NIPT.
Secondo gli studiosi, tutte le donne che ricevono un risultato positivo al test NIPT durante la gravidanza, ma non mostrano altre indicazioni diagnostiche rilevanti attraverso le procedure tradizionali come l’amniocentesi o la biopsia dei villi coriali, dovrebbero essere attentamente monitorate clinicamente e radiologicamente per individuare eventuali segni di sviluppo di cancro dopo il parto.
La diagnosi precoce di questi tumori potrebbe portare a significativi miglioramenti nel trattamento, garantendo la salute sia delle madri che dei bambini e contribuendo in modo profondo e globale al loro benessere.
Il team di ricercatori, guidato da Antonio Fico, direttore sanitario del Centro Ames, da Giovanni Savarese, responsabile del settore di genetica presso il Centro AMES, da Alessandro Ottaiano, oncologo presso l’Istituto Nazionale Tumori di Napoli IRCCS “G. Pascale”, e da Carmine Selleri, professore associato di Ematologia all’Università di Salerno, ha coinvolto anche altri ricercatori dell’Università di Salerno e della “Scuola Medica Salernitana”.
Il Centro AMES è un’entità privata capace di unire i centri accademici e di ricerca, producendo risultati scientifici. I risultati dello studio sono in corso di pubblicazione sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Genes&Diseases. Antonio Giordano, professore all’Università degli Studi di Siena e docente di biologia molecolare alla Temple University di Filadelfia, afferma: “Questi dati estremamente intriganti confermano l’effetto positivo della sinergia tra settore pubblico e privato, sottolineando la competenza e l’eccellenza dei ricercatori italiani, i cui talenti dovrebbero essere riconosciuti e valorizzati nelle strutture sanitarie, in particolare negli IRCCS.
Questo studio getta una luce nuova sul potenziale del test NIPT, aprendo la strada a futuri progressi nel campo della diagnosi genetica prenatale, con l’obiettivo di garantire il benessere tanto del bambino quanto della madre. Inoltre, ci ricorda come le alterazioni genetiche nel DNA tumorale spesso siano di una portata molto più ampia rispetto alle semplici mutazioni su cui ci concentriamo con intensità nella medicina di precisione”. (ANSA)