È enorme il lavoro ‘dietro le quinte’ ogni giorno per far funzionare come un orologio un grande ospedale come il Policlinico Gemelli, in modo da garantire la massima sicurezza ai pazienti.

Soprattutto per ciò che concerne le infezioni ospedaliere.

Un lavoro essenziale e non visibile dal pubblico, anche se ben presente agli addetti ai lavori.

Per questo l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), nella persona della dottoressa Maria Luisa Ricci, Responsabile del Laboratorio di Riferimento per la Legionella dell’ISS ha individuato il Gemelli, attraverso la Asl Roma 1, come ‘best practice’ per il programma di sorveglianza ambientale per la gestione del rischio da Legionella, chiedendogli di condividerlo con una delegazione sanitaria dalla Giordania, nell’ambito del Programma dell’Unione Europea TAIEX.

Ad accogliere il team di ingegneri e microbiologi dalla Giordania è stato il folto Gruppo di lavoro multiprofessionale ‘Legionella’ di Fondazione Policlinico Gemelli*.

Quello del Gemelli è infatti un sistema ‘multimodale’, che vede la partecipazione di diverse figure professionali, non solo sanitarie, ma anche tecnico-impiantistiche. Ingegneri, igienisti e clinici insomma lavorano fianco a fianco integrando le loro competenze.

“La Legionellosi – ricorda la professoressa Patrizia Laurenti, Associato di Igiene presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore della Struttura Complessa di Igiene Ospedaliera di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS – è un’infezione che si manifesta in primis attraverso una polmonite, a volte atipica, a volte difficile da riconoscere.

Per questo, nel nostro ospedale sottoponiamo tutti i pazienti con sintomi sospetti a un test diagnostico di ultima generazione (la ricerca dell’antigene solubile urinario per Legionella). Questo permette di fare diagnosi precoce e di instaurare tempestivamente una terapia, ma anche di mettere in sicurezza l’organizzazione, dal punto di vista del rischio di un’infezione acquisita in ospedale. Negli ultimi trent’anni, grazie al nostro programma di sorveglianza ambientale, al Gemelli non sono mai stati registrati casi di Legionellosi nosocomiale (cioè contratta in ospedale)”.

Ma questo non basta. Il Policlinico Gemelli è una struttura molto complessa, dotata di 45 impianti di produzione dell’acqua calda sanitaria, ognuno dei quali può rappresentare un rischio-Legionella. 

“La Legionella – spiega la professoressa Laurenti – è un germe d’acqua che si trova nelle acque dolci; quando queste vengono condottate, si creano le condizioni favorevoli per la sua crescita; anche grazie a temperature favorevoli, come quelle dell’acqua calda, la Legionella può impiantarsi ad esempio nel biofilm.

Il germe può quindi essere trasmesso alle persone suscettibili quando questa acqua ‘aerosolizza; tipicamente questo avviene sotto la doccia, o aprendo l’acqua del rubinetto che impatta sulla superficie del lavandino.

Anche alcuni sistemi di produzione di aria condizionata di vecchio stampo, comportavano un rischio Legionella, che risulta molto ridotto con quelli moderni.

La sorveglianza ambientale che il Policlinico Gemelli ha messo in essere, riguarda comunque sia i circuiti di produzione e distribuzione dell’acqua calda sanitaria (ma anche dell’acqua fredda), quanto i circuiti ‘aeraulici’, cioè le unità di trattamento dell’aria che vengono periodicamente monitorate.

Con un sistema a matrice – prosegue l’esperta – abbiamo suddiviso l’ospedale in aree di rischio, in funzione dei risultati delle determinazioni microbiologiche e della suscettibilità dei pazienti che vengono ricoverate in alcuni reparti (ad altissimo rischio sono quelli di oncologia, emato-oncologia, malattie infettive)”.

Oltre a presidiare di continuo il sistema (cosa che permette di fare ‘prevenzione’ e non solo ‘reazione’), al minimo alert si interviene con misure di risanamento ad hoc. 

“La prevenzione – conclude la professoressa Laurenti – si basa sull’utilizzo di disinfezioni aggiuntive con biossido di cloro e monocloramine.

Che vanno a loro volta monitorate, anche rispetto all’impatto sugli impianti, per raggiungere un delicato equilibrio di sicurezza igienico-sanitaria e tenuta degli impianti. Il modello si basa su un approccio multimodale: la direzione sanitaria si fa garante di tutto il sistema, la microbiologia offre un contributo di elevatissima qualità con le metodiche di tipizzazione molecolare, i clinici danno un supporto nella tempestività diagnostica e dell’avvio della terapia salva-vita per molte persone che hanno condizioni di rischio non solo cliniche, ma anche di abitudini di vita (ad esempio i fumatori)”.

* Il Gruppo è costituito dal Presidente del Comitato per il Controllo delle Infezioni Correlate all’Assistenza (CCICA) e Direttore Sanitario, Andrea Cambieri, dai rappresentanti della Direzione Sanitaria Michele Di Donato e Malgorzata Wachocka, dalla UOC Igiene Ospedaliera con Patrizia Laurenti e Sara Vincenti, dal Risk Manager Giuseppe Vetrugno, dal Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione Stefano Massera, dal Servizio Tecnico con Maurizio Cianfanelli, Sandro Marciano e Riccardo Ruggeri, dai Rappresentanti delle Aree Cliniche Massimo Antonelli e Francesco Franceschi, dal Responsabile del laboratorio di Microbiologia Maurizio Sanguinetti con Marilena La Sorda, dalla UOC Malattie Infettive con Carlo Torti, Giancarlo Scoppettuolo e Rita Murri.

 L’incontro si è avvalso della traduzione dell’infermiera Mency Joseph, componente del Gruppo dei Mediatori volontari del Progetto OHANA.

Shares
Abilita le notifiche OK No grazie