Allo studio una cura possibile: intanto il test Adwax fornisce i primi buoni risultati sui topi.
Riguardo all’Alzheimer non solo è grave il fatto che in pratica non esistono cure certe, ma che è attualmente impossibile anche una qualsiasi azione di prevenzione, se non adottare uno stile di vita più sano…
Il morbo di Alzheimer è una delle malattie neurodegenerative più diffuse oggigiorno, che comporta perdita della memoria, delle facoltà cognitive e disturbi del comportamento. Questo è dovuto alla perdita progressiva di cellule nervose nelle aree cerebrali vitali per la memoria e le facoltà cognitive, insieme all’abbassamento di alcuni neurotrasmettitori come l’acetilcolina, responsabile della trasmissione nervosa. La malattia è un problema sempre più urgente, in quanto si stima che entro il 2050 saranno 130 milioni le persone affette da Alzheimer. Da qui, la sfida di un vaccino, con cui ritardare e combattere la malattia. L’eventuale efficacia di un farmaco così rivoluzionario potrebbe rappresentare una svolta nella storia della medicina, e non solo.
Ad oggi, l’unica via percorribile da parte del malato è un piano farmaceutico che vada ad alleviare o ritardare alcuni sintomi. La ricerca medica, però, è sempre in evoluzione, tanto che, in un articolo su “Alzheimer’s Research & Therapy”, gli scienziati dell’Istituto di Medicina Molecolare (IMM) e dell’Università della California (UC) hanno presentato i risultati ottenuti finora nello sviluppo del vaccino anti-Alzheimer. Lo scopo dello studio è rimuovere le placche della proteina beta-amiloide (Aβ) e le proteine TAU, al fine di limitare il loro eccessivo accumulo, causa della neuro-degenerazione che porta alla demenza senile.
La somministrazione di un vaccino per il morbo, a cavie geneticamente modificate perché avessero sintomi simili all’Alzheimer dell’uomo, hanno mostrato risultati promettenti in termini di “memoria di lavoro”, riguardante le attività di vita quotidiana, che la malattia generalmente lede. Infatti, dall’osservazione dei roditori in vari puzzle labirintici, è risultato che i topi vaccinati, i quali avevano sviluppato anticorpi specifici per Aβ e TAU, hanno ottenuto risultati migliori rispetto agli animali malati, che si sono protratti per mesi. Il nuovo vaccino AdvaxCpG del professor Nikolai Petrovsky, quindi, potrebbe scatenare le difese del sistema immunitario contro la malattia, fornendo una risposta immunitaria più forte.
Alla luce di questi risultati, i ricercatori guardano con ottimismo alla sperimentazione del vaccino sull’uomo, tanto che i test clinici potrebbero cominciare nei prossimi 18-24 mesi. Finora, sono state molte le possibili cure che hanno fallito i test sull’uomo ed è quindi bene ricordare che malgrado il successo degli esperimenti sui topi, la terapia potrebbe non funzionare sugli esseri umani. Non resta quindi che aspettare la sperimentazione sull’uomo
di Alice Preziosi