Dopo 1233 giorni da quando la Corte costituzionale ha chiesto al Parlamento di intervenire sul fine vita, la Camera ha approvato con 253 voti favorevoli la legge sul suicidio assistito, che ora è stata inviata al Senato. Il testo è stato profondamente modificato rispetto alla versione originaria durante l’iter in commissione, ma l’asse portante del provvedimento è rimasto immutato: si riconosce la morte volontaria medicalmente assistita, che viene equiparata alla morte naturale.
Può fare richiesta di morte volontaria medicalmente assistita la persona che, al momento della richiesta, abbia raggiunto la maggiore età, sia capace di intendere e di volere e di prendere decisioni libere, attuali e consapevoli, adeguatamente informata, e che sia stata previamente coinvolta in un percorso di cure palliative al fine di alleviare il suo stato di sofferenza e le abbia esplicitamente rifiutate o le abbia volontariamente interrotte. Tale persona deve trovarsi nelle seguenti concomitanti condizioni: essere affetta da una patologia irreversibile e con prognosi infausta oppure essere portatrice di una condizione clinica irreversibile, che cagioni sofferenze fisiche e psicologiche assolutamente intollerabili; essere tenuta in vita da trattamenti sanitari di sostegno vitale, la cui interruzione provocherebbe il decesso del paziente. La patologia deve essere attestata dal medico curante o dal medico specialista.
A seguito della richiesta dell’interessato, il medico deve redigere un rapporto dettagliato e documentato sulle condizioni cliniche e psicologiche del richiedente e sulle motivazioni che hanno determinato la scelta. Qualora ricorrano i requisiti del suicidio assistito, la richiesta è inoltrata al Comitato di valutazione clinica, strutture che vanno istituite presso le aziende sanitarie locali.
Una volta che il Comitato per la valutazione clinica ha dato parere favorevole, il medico richiedente lo trasmette alla direzione sanitaria dell’azienda sanitaria territoriale o alla direzione sanitaria dell’azienda sanitaria ospedaliera di riferimento che dovrà attivare le verifiche necessarie a garantire che il decesso avvenga nel rispetto delle disposizioni di legge presso il domicilio del paziente o, laddove ciò non sia possibile, presso una struttura ospedaliera e sia consentito anche alle persone prive di autonomia fisica. Il decesso a seguito di morte volontaria medicalmente assistita è equiparato al decesso per cause naturali a tutti gli effetti.
La legge ammette l’obiezione di coscienza, per cui se preventivamente dichiarata, medici e personale sanitario non sono tenuti a prendere parte alle procedure per l’assistenza alla morte volontaria medicalmente assistita. Inoltre, il medico, il personale sanitario e amministrativo -nonché chiunque abbia agevolato il malato nell’esecuzione della procedura- non rispondono del reato di istigazione o aiuto al suicidio, di cui all’art. 580 c.p. e del reato di omissione di soccorso, di cui all’art. 593 c.p. Il testo contiene inoltre una disposizione transitoria, da applicare ai fatti di morte medicalmente assistita che abbiano avuto corso prima dell’entrata in vigore della legge. Anche in tali casi, ed anche se è già intervenuta una sentenza di condanna passata in giudicato, è esclusa la punibilità di chiunque abbia agevolato in qualsiasi modo la morte volontaria medicalmente assistita di una persona se, al momento del fatto: ricorrevano i presupposti e le condizioni richieste della legge; era stata accertata inequivocabilmente la volontà attuale, libera, informata e consapevole della persona richiedente.
Di Alice Preziosi