La legge 104 è la normativa quadro in materia di disabilità. Quando si parla di beneficiari della Legge 104 si intendono, generalmente, i portatori di handicap in situazione di gravità oppure i lavoratori che assistono un familiare in queste condizioni. Per ottenere le agevolazioni collegate alla Legge 104 è prima necessario il riconoscimento dello stato di disabilità, da richiedere all’Inps dopo aver ottenuto un certificato medico del proprio medico curante. Lo stato di gravità della minorazione è accertato da un’apposita commissione medica Asl, che deve pronunciarsi entro 90 giorni dalla data di presentazione della relativa domanda.

Nei mesi scorsi, la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e Rete Lenford – Avvocatura per i Diritti LGBTI+, in collaborazione con LEDHA, componente lombarda della Federazione, hanno avviato un’interlocuzione con l’INPS volta a modificare la politica concessoria dell’Istituto in merito ai permessi e ai congedi previsti dalla Legge 104/92 (articolo 33, comma 3: tre giorni di permesso mensile) e dal Decreto Legislativo 151/01 (articolo 42, comma 5: congedo straordinario di due anni), che escludeva la possibilità per una parte dell’unione civile di accedere ai due benefici volti all’assistenza di una persona con disabilità alle stesse condizioni previste per i coniugi uniti in matrimonio.

La Circolare dell’INPS. n. 38 del 2017 prevedeva infatti che la parte di un’unione civile potesse ottenere sia il permesso di tre giorni che il congedo straordinario solo per assistere l’altra parte dell’unione e non potesse invece beneficiare dei due istituti per assistere il parente dell’altra parte dell’unione. Secondo l’Istituto, il mancato richiamo nella “Legge Cirinnà” (Legge 76/16) dell’articolo 78 del Codice Civile precludeva la costituzione di un rapporto di affinità tra una parte dell’unione e i parenti dell’altra – come avviene invece con il matrimonio – e di conseguenza ciò determinava l’impossibilità di riconoscere il permesso e il congedo. 

Le associazioni hanno dunque segnalato all’Istituto che tale conclusione era incompatibile con il divieto di discriminazione in ragione dell’orientamento sessuale e della disabilità di derivazione euro unitaria, come pienamente recepito nel nostro ordinamento dal Decreto Legislativo 216/03 e dalla Legge 67/06. 

L’interpretazione delle disposizioni proposta dall’Istituto realizzava quindi sia una discriminazione in ragione della condizione di disabilità, riducendo irragionevolmente la platea di soggetti che possono assistere la persona con disabilità ove essa ne abbia necessità, sia una discriminazione in ragione dell’orientamento sessuale, precludendo alle lavoratrici o ai lavoratori omosessuali uniti civilmente di potersi assentare dal lavoro per occuparsi del familiare dell’altra parte dell’unione, quando invece tale diritto è riconosciuto alle lavoratrici o ai lavoratori eterosessuali coniugati.

Ora, con la Circolare n. 36/2022 l’INPS ha pienamente accolto le argomentazioni proposte dalle associazioni, estendendo l’accesso ai permessi e ai congedi previsti dalla legge 104/92 e dal Decreto Legislativo 151/01 anche ai lavoratori e alle lavoratrici omosessuali uniti civilmente che debbano prestare assistenza a una persona con disabilità parente dell’altra parte dell’unione.

«Ci siamo battuti a fondo per ottenere questo risultato – dichiara Vincenzo Falabella, presidente della FISH – insistendo a farlo anche nel corso di nostri recenti incontri con i vertici dell’INPS; a partire da quelli con il presidente dell’Istituto Pasquale Tridico. Ora, dunque, siamo particolarmente soddisfatti che questa Circolare arrivi a sanare una doppia discriminazione, sia in ragione della disabilità che dell’orientamento sessuale. È il segno che la strada dell’interlocuzione collaborativa è l’unica che può consentirci di arrivare ad esiti positivi anche in materie delicate e complesse come queste». 

 

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