Il reparto della struttura aponense è stato il primo in Italia, nel 2019, a eseguire questa operazione con il sistema Mako. Si tratta di una tipologia di intervento effettuata in pochi centri al mondo che combina l’utilizzo di un braccio robotico con una tecnica chirurgica mininvasiva. 

Ne parliamo con il dottor Antonio Camporese, direttore dell’unità operativa di Ortopedia e Traumatologia del Policlinico Abano di Abano Terme, in provincia di Padova, che nei giorni scorsi con la sua équipe ha impiantato in un’unica seduta le due protesi a un paziente di 72 anni consolidando così la casistica della casa di cura veneta.

  1. Dottor Camporese, il Policlinico Abano rappresenta nel panorama sanitario italiano un centro di eccellenza per la chirurgia robotica dell’anca. Nei giorni scorsi, infatti, con la sua équipe ha eseguito un intervento per l’impianto di “doppia protesi” in un’unica seduta operatoria, un’operazione che consolida la casistica della struttura nell’utilizzo del robot e di tecniche chirurgiche mininvasive.   

R. Nel 2019 siamo stati i primi al mondo ad eseguire il primo intervento del genere grazie a significativi investimenti tecnologici, formazione del personale e un’esperienza di lungo termine nella protesica d’anca tradizionale mininvasiva e robotica nell’ambito della quale effettuiamo circa 700 interventi l’anno. Grazie alle competenze acquisite, il nostro reparto di Ortopedia ha iniziato tre anni fa a eseguire la chirurgia robotica di anca bilaterale simultanea. Si tratta di un’operazione complessa e non molto frequente, indicata per pazienti con specifici quadri clinici. Come nel caso trattato nei giorni scorsi. Abbiamo operato un uomo di 72 anni, un ex sportivo professionista affetto da una grave poliartrosi che aveva già richiesto la protesizzazione di entrambe le ginocchia. 

D. La scelta di effettuare l’intervento in un’unica sessione da quali valutazioni deriva?

R. La grave coxartrosi bilaterale avrebbe richiesto tradizionalmente un approccio chirurgico “due step” a distanza di 4-6 mesi. Tuttavia, visto l’ottimo stato di salute del paziente e i vantaggi dell’approccio mininvasivo-robotico, come lo scarso sanguinamento e la ridotta invasività tissutale, abbiamo optato per la soluzione simultanea. 

Il team del dott. Camporese, al Policlinico di Abano: l’infermiera Marta Giustiniani, il dott. Antonio Camporese, direttore dell’Ortopedia e Traumatologia, gli infermieri Nadia Bettella e Luca Zaralli, l’ortopedico Jacopo Tagliapietra  e l’anestesista Mobin Ghaemian.

D. Quanto dura questo tipo di operazione?

R. Generalmente l’intervento, come nel caso del paziente 72enne, dura circa 2 ore. Per l’ex sportivo la scelta è caduta sull’anestesia loco regionale senza necessità di intubazione. Non vi sono state perdite ematiche significative e, quindi, la necessità di trasfusioni. Grazie al nostro protocollo fast track fisioterapico, il paziente è stato avviato alla deambulazione autonoma a distanza di 10 ore dall’intervento con ottima risposta muscolare e assenza di dolore.

D. Come funziona la tecnologia robotica?

R. Utilizziamo il sistema Mako, che combina l’utilizzo di un braccio robotico, su cui è montata una speciale fresa, con immagini in 3D. In abbinamento, pratichiamo una tecnica chirurgica mininvasiva che consente di effettuare un’incisione a livello dell’inguine di soli 5-7 centimetri che non causa danno muscolare. Il connubio tra chirurgia robotica e mininvasività permette un rapido recupero post-operatorio e un tasso di complicanze estremamente ridotto.

Con questa tipologia d’intervento si sostituiscono la testa del femore e l’acetabolo, la parte cava del bacino in cui essa si inserisce, con componenti protesiche realizzate con materiali biocompatibili. La mininvasività, un ridotto sanguinamento e un’ospedalizzazione breve (da 3 a 5 giorni) consentono un veloce recupero post-operatorio e l’avvio di una riabilitazione precoce – in reparto o in regime ambulatoriale – per poter tornare in poche settimane a svolgere una vita normale, senza più dolore. 

D. A proposito di dolore, come viene gestita la fase post-intervento?

R. Un tema di fondamentale importanza è il controllo del dolore post-operatorio. Questo è gestito in modo ottimale grazie a protocolli concordati con l’anestesista. Sentire un po’ di dolore dopo l’intervento è normale, ma questo sarà tollerabile e non comprometterà la capacità di svolgere la fisioterapia.

D. Quali sono i vantaggi della chirurgia robotica?

R. La chirurgia robotica dell’anca – spiega Camporese – è la nuova frontiera nel campo della chirurgia ricostruttiva e permette all’operatore di controllare e calibrare in modo ottimale parametri geometrici di fondamentale importanza per la stabilità dell’impianto protesico e per la lunghezza dell’arto.  Il sistema consente di pianificare l’intervento nei minimi dettagli utilizzando un modello tridimensionale virtuale. 

Dieci giorni prima dell’operazione il paziente viene sottoposto a una tac del bacino. Il software acquisisce le immagini radiologiche, in base alle quali viene elaborato un piano d’azione che tiene in considerazione l’anatomia specifica di ogni paziente. Una volta in sala, gli specialisti utilizzano le indicazioni per intervenire con precisione millimetrica con la fresa posizionata sul braccio robotico, mentre una telecamera a infrarossi traccia in tempo reale le informazioni che riguardano la geometria dell’anca, la tensione dei legamenti e lo spessore delle cartilagini, al fine di ottenere una ricostruzione articolare ottimale. 

D. Quando è indicata questa tipologia di intervento?

R. L’intervento di protesi d’anca con il robot è indicato per tutte le coxartrosi primarie o idiopatiche, che sono quelle che riguardano generalmente la popolazione con più di 65 anni, sia per quelle secondarie, correlate per lo più con morfologie articolari predisponenti. In particolare, è di grande aiuto per i pazienti con problematiche di dismetrie degli arti o conformazioni del femore e dell’acetabolo tali da rendere difficile la protesizzazione.

Si interviene quando si riscontra un’usura completa del mantello cartilagineo articolare e i farmaci e la fisioterapia non sono più sufficienti a controllare il dolore e la difficoltà a camminare e a svolgere le attività quotidiane. La diagnosi dell’artrosi è possibile la maggior parte delle volte con un’attenta anamnesi e con l’esame clinico, sebbene le indagini radiografiche del bacino risultino utili per la conferma della patologia. 

D. Ci spiega che cos’è la coxartrosi?  

R. L’artrosi all’anca, o coxartrosi, è una patologia causata da usura progressiva della cartilagine articolare. Questo fa sì che le superfici articolari non siano levigate come dovrebbero e, quindi, non permettano all’articolazione di muoversi in modo adeguato, provocando dolore e limitazioni funzionali in comuni attività come camminare, vestirsi o fare le scale.

È una delle patologie ortopediche più disabilitanti e interessa principalmente gli anziani. Nella popolazione generale esiste un rischio del 25% di andare incontro ad un’artrosi sintomatica dell’anca nel corso della vita. Il dolore può essere invalidante e limitare il paziente nelle proprie attività quotidiane.

D. Accennava a una riabilitazione precoce. Quando il paziente operato con il robot e tecnica mininvasiva può cominciarla?  

R. Il programma riabilitativo ha inizio dopo 6 ore dal termine dell’intervento. Il fisioterapista effettua i primi movimenti con le nuove articolazioni e a questo segue, a tolleranza del paziente, la possibilità di rimettersi in piedi e camminare con due stampelle. In terza-quinta giornata il paziente può essere dimesso, dopo aver concordato il percorso riabilitativo più adatto per lui. È possibile proseguire la fisioterapia presso l’Unità di Riabilitazione Funzionale in regime di ricovero o, in alternativa, tornare a casa ed eseguire la fisioterapia ambulatoriale. Il successo dell’intervento dipende, infatti, in larga misura dalla riabilitazione post-operatoria, soprattutto nei primi giorni dopo l’operazione. Seguendo le indicazioni degli specialisti sarà possibile riprendere le normali attività quotidiane dopo poche settimane. (Francesca Indraccolo)

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