Una facoltà giovane con molte potenzialità già espresse, tanto da ottenere sul rating italiano, caratteristiche di attrattività nazionale piuttosto elevate.
Ma che cosa fa la differenza per Medicina e Chirurgia dell’Università Politecnica delle Marche? Lo chiediamo al preside prof. Mauro Silvestrini.
Certamente lo sforzo per aumentare il numero degli studenti è bilanciato con la capacità di accoglienza, e un adeguato livello formativo. Una vocazione non anconetana ma direi più marchigiana: in tutti i cinque capoluoghi di provincia ci sono le sedi dei nostri corsi, con oltre 15 corsi di laurea diversi, dunque in linea con quella che è la missione dell’Università Politecnica delle Marche.
Abbiamo corsi anche in lingua inglese il che ci ha dato la possibilità di accogliere studenti da tutte le parti del mondo, la contaminazione culturale è una buona cosa. Ad Ancona c’è anche un elevato livello tecnologico dell’insegnamento in Medicina: da noi l’allievo ha l’opportunità di imparare a gestire le nuove tecnologie avvalendosi di docenti che provengono anche dalla facoltà di Ingegneria.
Grazie al nuovo Corso in Medicine and Surgery oltre alla laurea in Medicina le studentesse e gli studenti, con pochi esami aggiuntivi, ottengono anche la laurea in Ingegneria Biomedica. È un valore aggiunto eccezionale.
A fronte della richiesta sempre maggiore del numero di medici, che ne pensa dell’allargamento del numero chiuso a Medicina? Addirittura qualcuno parla dell’abolizione…
Parlare dell’abolizione del numero chiuso presuppone alcuni dettagli da non trascurare: le studentesse e gli studenti iscritti a Medicina hanno l’obbligo di frequenza, non possiamo garantire spazi e aule adeguate a tutti, assicurando loro un livello di attenzione, di apparecchiature e materiale didattico idoneo per una formazione adeguata.
Lo stesso discorso vale per il tirocinio pratico nelle strutture sanitarie, che non può essere garantito se ci sono grandi numeri. Chi si occupa di formazione universitaria lo sa: c’è bisogno di un certo numero di professori, di tutor, di tirocini in strutture adeguato.
Altra cosa è la possibilità di un allargamento dell’accesso al corso di studi in Medicina. Nel 2016 avevamo 160 matricole all’Università Politecnica delle Marche.
Quest’anno ne abbiamo 275, a questi si aggiungono altri 60 del corso in lingua inglese. Quindi l’UnivPm ha più che raddoppiato in sei anni la sua offerta formativa. Per Medicina non è stata un’operazione indolore.
La nostra facoltà ad Ancona è un cantiere aperto in continua evoluzione. Nuove aule, nuove apparecchiature e strumentazioni. Ma i risultati sono eccellenti, ad un anno dalla laurea i nostri studenti trovano lavoro per il 97%!
Che ne pensa del dibattito attuale sulla riforma sanitaria?
La riforma della Sanità è fondamentale ed urgente. A cominciare dalla necessità di tornare a valorizzare alcune figure mediche che con la pandemia e non solo, hanno subìto uno svilimento immeritato.
Mi riferisco in primis al Medico di Medicina Generale, pilastro base da cui parte ogni genere di cura, terapia ed assistenza. Poi le specializzazioni che comportano rischi della professione, come la Medicina d’Urgenza: sono pochi i medici che decidono di intraprendere la carriera forse più delicata e difficile.
Oggi l’aspetto veramente critico è non tanto il numero di medici, quanto il numero di medici che scelgono di intraprende quel tipo di percorso. È inutile mettere dentro il sistema più medici, quando sappiamo bene che invece ne servono proprio in settori specifici…
L’invecchiamento della popolazione appare la grande sfida della Medicina moderna. Il miglioramento delle condizioni sociali e i progressi della Medicina hanno portato negli anni ad un allungamento esponenziale della durata della vita.
Oggi in Italia i residenti con 65 anni e più – definiti “anziani” – sono oltre 14 milioni, 3 milioni in più rispetto a venti anni fa; nel 2042 saranno quasi 19 milioni.
Gli ottuagenari italiani sono circa 4 milioni, ovvero il 6,5% della popolazione.
Ora, se pensiamo che la lungodegenza è gestita fuori dall’ospedale e che le Rsa sono quasi tutte solo private… Come si fa ad armonizzare questa situazione, stante questo trend irreversibile?
La ringrazio per questa domanda perché c’è un problema anche culturale dietro questa situazione. L’anzianità è una condizione che deve avere massima attenzione e soluzioni mirate.
È chiaro che l’ospedale non può ospitare tutti, ma va tarato. Non si deve, al contempo, ridurre il sistema ospedaliero ad un cronicario. Così anche il Medico ospedaliero non può curare chiunque e tutte le malattie. Anzitutto occorre creare figure di medici più specifiche, che sappiano prevenire e gestire le condizioni di invecchiamento con le problematiche tipiche dell’età, partendo naturalmente dalla prevenzione delle patologie più comuni e diffuse
Per esempio, dai comportamenti in genere, quelli alimentari nello specifico, quelli motori e non da ultimi quelli sociali e psicologici. Ricordiamo che oggi stanno avanzando le malattie degenerative della mente.
Ecco il messaggio da dare, ciò che la Medicina dovrebbe impegnarsi a fare nella prospettiva dell’invecchiamento progressivo e irreversibile della popolazione è la prevenzione che dovrebbe avere il primo posto come materia di studio in tutti i programmi educativi e culturali.
Da medico innanzi tutto, oltre che da preside, le chiedo un messaggio… finale.
Il nostro corpo è come una macchina. Dev’essere ben allenato, custodito, mantenuto sempre “in forma” e protetto dalle intemperie. Ogni tanto vanno fatti i dovuti “tagliandi”. Va fatta attenzione anche al carburante… che dev’essere buono.
Solo così alla fine potremmo fare un viaggio in salute, sia quando affrontiamo una salita che quando possiamo concederci una bella discesa.