Una tra le malattie neurodegenerative ancora oggi incurabile è l’Alzheimer, una patologia che colpisce oltre 50 milioni di persone al mondo. L’Alzheimer si caratterizza per una progressiva atrofia cerebrale con perdita di memoria e problemi cognitivi e, nella maggior parte dei pazienti, si presenta in forma sporadica. Questa malattia solo nel 5% dei casi è familiare, cioè causata da mutazioni genetiche ereditarie.

Un gruppo di ricercatori dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Padova e Pisa (Cnr-In) e del Dipartimento di scienze biomediche dell’Università degli studi di Padova ha studiato le alterazioni dei segnali intracellulari nella malattia di Alzheimer.

Per questa ricerca, sono stati utilizzati modelli murini che conservano alcune caratteristiche tipiche delle forme ereditarie della malattia.  Ha spiegato Micaela Zonta, ricercatrice del Cnr e autrice di questo studio “Sappiamo che gli animali che presentano questo tipo di mutazioni genetiche manifestano difetti di memoria”, la ricerca fatta fino ad oggi si era principalmente indirizzata sulle disfunzioni a carico dei neuroni, invece altri studi hanno messo in evidenza il ruolo degli astrociti, quelle cellule che interagiscono in modo continuo con i neuroni affinché ci sia il giusto funzionamento del cervello.

Gli astrociti sono chiamati così perché visti al microscopio la loro forma sembra una stella, sono cellule della glia, assieme ai neuroni sono i principali costituenti del sistema nervoso. Gli astrociti hanno una funzione nutritiva e di sostegno per i neuroni e li proteggono da lesioni.

Nel nostro progetto – ha continuato a spiegare la Zonta – abbiamo rilevato una riduzione dell’attivazione degli astrociti nella corteccia cerebrale deputata alla ricezione degli stimoli sensoriali: questo difetto degli astrociti compromette la plasticità sinaptica neuronale, un fenomeno che è alla base dei processi di memoria e apprendimento. Abbiamo quindi esplorato la capacità di memoria sensoriale in questi animali, rivelando che non sono in grado di mantenere memoria del riconoscimento di un oggetto percepito con l’esplorazione tattile”.

La ricerca si è anche occupata del procedimento delle riduzione del segnale degli astrociti dovuta alla diminuzione di una determinata proteina.

La dottoressa Zona spiega che inducendo la produzione della proteina STIM1 negli astrociti, si ottiene la riattivazione completa del loro segnale e il recupero della plasticità sinaptica. Un risultato importante perché suggerisce un nuovo modo di agire per contrastare il progredire dei sintomi cognitivi.

Questo significa che nelle malattie del sistema nervoso “porre l’attenzione su tutte le cellule cerebrali con un approccio integrato – sottolinea la dottoressa Zonca – potrà portare allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche e all’identificazione di nuovi potenziali biomarcatori, allo scopo di ottenere una diagnosi precoce che consenta di intervenire nei primi stadi della malattia”.

(Fonte ufficio Stampa Cnr)

Shares
Abilita le notifiche OK No grazie