Si è svolta a Roma all’inizio di maggio la terza edizione di “BeClose2 Hematology, creating new connections”, evento organizzato da AbbVie (azienda che opera nel settore biofarmaceutico) per esplorare le nuove frontiere dell’ematologia e dei tumori del sangue, con la consapevolezza che la ricerca e le innovazioni, in collaborazione con tutti gli attori coinvolti, siano la vera forza per migliorare l’aspettativa e la qualità della vita di chi è colpito dalle patologie che riguardano il sangue.

Il progetto BeCLose2 Hematology – con l’edizione 2023 dal titolo Creating New Connections – ha coinvolto 130 ematologi provenienti da tutta Italia con l’obiettivo di creare circolazione di conoscenze, favorire le connessioni e le esperienze. Il fine è quello di ottimizzare la gestione clinica del paziente e fare il punto sugli ultimi progressi della ricerca e della sperimentazione e sulle prospettive future dei meccanismi biologici alla base delle principali patologie ematologiche: la leucemia linfatica cronica, la leucemia mieloide acuta, il linfoma diffuso a grandi cellule, il mieloma multiplo e la mielofibrosi.

Gli esperti hanno parlato di soluzioni dinamiche e incoraggianti per le diverse terapie, come ad esempio l’approccio volto a contrastare il linfoma diffuso a grandi cellule B (forma aggressiva caratterizzata appunto da una rapida crescita dei linfociti B, un tipo di globuli bianchi). Ha detto in proposito Pierluigi Zinzani, Professore Ordinario di Ematologia all’Università di Bologna: “Nuovi farmaci e nuove molecole hanno rafforzato, negli ultimi anni, le armi per combattere la malattia. Ne è un esempio il trattamento Car-T (terapia basata sui linfociti T, un particolare tipo di globuli bianchi responsabili della difesa del nostro organismo dalle malattie che però in questo tipo di tumori del sangue non sono in grado di garantire la propria funzionalità immunitaria, ndr). Ma, ed è questa la novità più recente, stanno arrivando gli anticorpi bispecifici (proteine artificiali che contrastano la malattia, ndr), come epcoritamab”. Anche se bisogna aspettare ancora un anno per capirne l’effettiva efficacia, come sembra, “i risultati sono eclatanti: Il 40% dei pazienti refrattari, sottoposti a questa terapia, ha ottenuto una remissione completa. Peraltro, il basso grado di tossicità permette di somministrare la terapia in regime di day hospital, con notevoli vantaggi per il paziente ma anche per il Sistema sanitario nazionale”, ha aggiunto il professore.

 Buone anche le prospettive terapeutiche per i pazienti affetti da mieloma multiplo, un tumore maligno che colpisce alcune cellule del sistema immunitario e che interessa in particolare le persone avanti con gli anni: “Fino a poco tempo fa – ha ricordato Maria Teresa Petrucci, Dirigente Medico presso l’Azienda Ospedaliera Policlinico Umberto I, Dipartimento di Medicina Traslazionale e di Precisione dell’Università Sapienza di Roma – la sopravvivenza dei pazienti oltrepassava di poco l’anno. Oggi invece la malattia, grazie agli inibitori del proteosoma (costituito da strutture multiproteiche partecipanti al processo di degradazione delle proteine anomale che potrebbe portare a problemi vari, ndr), agli immunomodulanti e agli anticorpi monoclonali, va sempre più cronicizzandosi. Le molecole di ultima generazione stanno poi ridisegnando la patologia e la sua cura. La percentuale di sopravvivenza è in crescita, ma il nostro compito ora è quello di migliorare anche la loro qualità di vita. Davanti a una malattia che sta diventando cronica, occorre intervenire per attenuarne complicanze come l’insufficienza renale o le fratture ossee. Questa sarà la sfida dei prossimi anni“.

 

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