Un algoritmo che prevede lo sviluppo del morbo di Alzheimer, con una precisione superiore al 90%, e riesce a stopparne gli effetti. Così l’intelligenza artificiale aiuta contro la grave malattia: si tratta di uno studio della startup Asc27, in collaborazione con il Cast, Centro di Studi e Tecnologie Avanzate e il Dnisc, Dipartimento di Neuroscienze, Imaging e Scienze Cliniche dell’Università di Chieti. Un passo importante nella diagnosi precoce della patologia degenerativa, tanto che il World Artificial Intelligence Conference (Waic, ovvero la conferenza più importante del mondo per l’intelligenza artificiale) di Shanghai 2023 ha inserito l’azienda tra le 50 migliori del mondo impegnate nello sviluppo dell’AI, un ottimo risultato per un’applicazione di ricerca pura, non commerciale, basata sulle tecniche di machine learning.
La ricerca è partita dall’analisi degli elementi che dal deficit cognitivo lieve (Mild Cognitive Impairment o Mci), assolutamente trattabile, può portare alla demenza. Per questo, sono stati monitorati centinaia di dati, come quelli relativi alle risonanze magnetiche, neuropsicologici, liquorali ed ematici provenienti dai pazienti presenti nel database internazionale dell’Adni (Alzheimer Disease Neuroimaging Initiative). In pratica, l’obiettivo è stato quello di permettere alla macchina di “capire” quale persona, tra le tante studiate con Mci, fosse destinata a una demenza vera e propria, identificando in questo approccio alcuni fattori extracerebrali tra cui i livelli di acidi biliari, potenziali responsabili dei processi neurodegenerativi, alla luce della cosiddetta “gut-brain connection”, cioè una stretta connessione tra fra sistema nervoso e apparato gastrointestinale.
Le prospettive sono interessanti, anche perché l’intelligenza artificiale potrebbe allargarsi a diagnosticare la malattia degenerativa non solo nelle persone con disturbi potenzialmente indirizzate alla demenza, ma a soggetti sani, per prevenire il rischio di Alzheimer.