In un mondo sempre più globalizzato non è raro incontrare persone in sovrappeso, diciamo pure obese. Gli studi sull’argomento non sono edificanti se consideriamo che un miliardo di persone, nel mondo, è obeso, cioè uno su sette!

Un dato che tende a salire. L’obesità è una vera e propria emergenza sociale che vede coinvolte tutte le fasce di età, riflettendo soprattutto su quelle disfunzioni che ne possono derivare.

Se l’obesità è un problema da affrontare già nei primi anni di vita.

Se si è obesi da piccoli, si è più inclini a esserlo da adulti. Ma con quali conseguenze per la salute?
Lo abbiamo chiesto alla dott.ssa Elena Inzaghi, pediatra presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.
“Purtroppo è vero, è un problema molto attuale che implica la necessità di intervenire in forma preventiva. Mi spiego meglio: il bambino o l’adolescente obeso ha un rischio molto maggiore di essere un adulto obeso. Tanti studi sull’argomento illustrano come già nel bambino o nell’adolescente ci siano quelle comorbidità (la presenza concomitante di due o più disturbi) che si caratterizzano e sono tipicamente associate all’obesità che poi il paziente si porta in età adulta. Ed è questo un po’ il problema principale”.

Che incidenza ha l’obesità sui bambini?

“Oggi la prevalenza dell’obesità nel paziente adolescente è significativa. Siamo nell’ordine di grandezza nella scuola primaria, quindi diciamo fino a 10 anni, del 20% circa di bambini sovrappeso e del 9-10% circa di bambini obesi. Negli adolescenti si parla di numeri ancora più alti”.

Siamo in Italia, la patria del mangiar bene, ma allora questa tendenza dipende dalla globalizzazione del cibo?

“Probabilmente un po’ è vero, anzi osserviamo che l’obesità è presente anche nei Paesi in via di sviluppo e il trend è ancora molto alto, mentre nei Paesi evoluti come il nostro si è un po’ arrestato. Però non dipende solo dal cibo ma anche dallo stile di vita. E in questo caso il Servizio Sanitario Nazionale, gli organi deputati dovrebbero intervenire con la prevenzione, e dovrebbe essere anche molto precoce in quanto il bambino, o l’adolescente, sono soggetti in crescita ed è poi più complesso perdere peso quando il fisico ha raggiunto lo sviluppo completo”.

Quali sono le malattie, o meglio le disfunzioni che possono insorgere?

“Il problema è che la comorbidità come la classica ipertensione, le alterazioni del metabolismo glucidico dal pre-diabete fino al diabete proprio, il coinvolgimento epatico con la steatosi epatica ma anche con forme più severe, le alterazioni delle dislipidemie, quindi l’alterazione del colesterolo, dei trigliceridi, si hanno già in età pediatrica e in età adolescenziale. E quando poi iniziano a manifestarsi, seppure in quella fase è possibile ancora una regressione, recuperare poi l’alterazione diventa complesso. E poi c’è la pressione sanguigna che secondo le linee guida dell’endocrinologia pediatrica, nei bambini obesi andrebbe monitorata dai tre anni proprio perché c’è un rischio maggiore di trovare dei valori aumentati. Se non si stabilizza in età pediatrica andando avanti con l’età potrebbe essere causa di limitazioni. L’obesità infantile nella maggior parte dei casi è legata agli stili di vita, al contesto familiare”.

Un bambino che si porta dietro un’eredità familiare di obesità è più a rischio di un bambino che ha un’eredità genetica, diciamo più “slim”?

E’ uno dei rischi caratteristici ed è il motivo per cui l’approccio ideale dovrebbe coinvolgere tutta la famiglia. E’ un gioco di squadra, nel senso che tutta la famiglia dovrebbe seguire un’alimentazione sana con le classiche cinque porzioni di frutta e verdura al giorno, bere molta acqua, mangiare alimenti ricchi di fibre, etc. Anche perché immaginiamoci un bambino che deve seguire una dieta e trova nel mobile in cucina merendine o bibite gassate e zuccherate. Come si fa? Per cui è tutta la famiglia che nel complesso si deve abituare a mangiare sano. Nelle famiglie in cui ci sono soggetti obesi i bambini sono a maggior rischio e la prevenzione dovrebbe essere l’arma più efficace. Perché è un carico che ci porteremo negli anni futuri. Un certo rigore alimentare va associato con una attività fisica regolare, senza esagerare.

Il movimento, l’attività fisica fanno la differenza?

“E’ ovvio che nel bambino come nell’adulto non può essere solo una questione di alimentazione ma anche di attività fisica. Oggi i bambini stanno molto tempo davanti al computer, con i video giochi, i telefonini sempre connessi, e il genitore pensa sempre che l’attività fisica sia solo quella strutturata, organizzata, quindi iscrivendolo a tutti i corsi possibili, dal nuoto al calcetto, alla scherma, alla danza. Ma in realtà l’attività è quella del movimento, educarlo a camminare, ad andare in bicicletta, anche se solo nel parco, tutte le forme di movimento possibili vanno bene. E non bisogna sottovalutare un’altra cosa, di cui forse si parla poco, che spesso sono bambini e adolescenti che poi hanno delle comorbidità di tipo psicologico, sociale, si vergognano, sono timidi, si sentono magari presi in giro dai compagni e questo contribuisce ulteriormente ad isolarli e può anche peggiorare lo stato nutrizionale in quanto trovano rifugio nel cibo”.

Un suo consiglio?

“Il sovrappeso che si instaura precocemente tende a perdurare poi negli anni a venire e si porta dietro tutta una serie di problematiche, di patologie che possono limitare sia la qualità di vita nei soggetti adulti, ma ridurre anche l’aspettativa di vita. Motivo per cui è fondamentale intervenire, soprattutto con la prevenzione nelle fasi più precoci della vita, già dai primi mesi di vita, ma volendo anche prima, durante la gravidanza, mettendo in atto strategie preventive che sono l’arma più potente che abbiamo a disposizione per trattare l’obesità essenziale, che è poi la forma più frequente”.

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