È stato presentato il 21 dicembre il 1° Rapporto Censis-Grünenthal, “Vivere senza dolore”, dal quale emerge che due italiani su dieci soffrono di dolore cronico, con importanti costi che gravano non poco sulla collettività. Sono infatti esattamente 9,8 milioni gli italiani che soffrono di dolore cronico di intensità moderata o severa. Il 19,7% è maggiorenne. Si oscilla tra il 14,7% dei giovani, il 21,1% degli adulti e il 20,9% degli anziani. Con una prevalenza femminile: il 21,2% delle donne rispetto al 18,1% degli uomini.

I relativi costi sociali, che gravano sui pazienti e la collettività, sfiorano i 62 miliardi di euro all’anno: questo impatta pesantemente sul lavoro e nella vita quotidiana.

Per il 40,6% dei malati l’insorgenza della patologia ha avuto conseguenze negative sulla propria attività lavorativa. Il 35,4% ha dovuto mettersi in malattia, il 30,8% ha dovuto chiedere permessi per recarsi dal medico e per effettuare le terapie, il 27,7% ha dovuto assentarsi spesso dal lavoro, il 25% ha ridotto il rendimento (e quindi le opportunità di carriera), il 13,3% ha dovuto cambiare mansioni, l’11,8% ha dovuto ridurre l’orario ricorrendo al part time (cui corrisponde una retribuzione ridotta), il 5,8% ha dovuto lavorare da casa, il 3,8% è stato costretto a cambiare lavoro perché l’impiego non era più compatibile con le problematiche legate al dolore. Addirittura, l’11,1% dei malati ha dovuto smettere di lavorare a causa del dolore cronico e l’1,2% è stato licenziato. Inoltre, il 41,3% dei malati occupati dichiara che la propria condizione viene talmente sottovalutata al lavoro da essere considerata un pretesto per assentarsi o per impegnarsi di meno.

Per quanto riguarda il dettaglio dei costi, sono stimati in 6.304 euro in media all’anno per paziente, di cui 1.838 euro di costi diretti e 4.466 euro di costi indiretti. Le spese dirette sono in capo ai pazienti per 646 euro e 1.192 euro ricadono sul Servizio sanitario nazionale.

E il dolore è anche pesante per la qualità della vita. Secondo il report, per il 67,8% dei malati il dolore cronico di intensità moderata o severa incide “molto” (11,1%) o “abbastanza” (56,7%) negativamente sulla vita quotidiana e sul proprio benessere. Per il 28,2% incide negativamente ma in misura ridotta e solo per il 4,0% non ha effetti negativi. In ogni caso, per il 92,8% dei malati il dolore cronico di intensità moderata o severa condiziona le proprie attività quotidiane e solo il 7,2% ci convive senza rilevanti effetti negativi.

I vincoli nella vita quotidiana sono: le difficoltà nel sollevare oggetti (per il 60,2%), fare ginnastica o altro esercizio fisico (59,3%), dormire (50,5%), passeggiare (49%), svolgere le faccende domestiche (48,5%), partecipare alle attività sociali e ricreative (36,8%), guidare l’automobile (23,6%), gestire le relazioni con i familiari e con gli amici (23,2%), il desiderio e le relazioni sessuali (22,7%), le ordinarie attività quotidiane come lavarsi e vestirsi (22,6%), l’alimentazione (18,6%). Ulteriori effetti negativi sulla condizione psico-fisica dei malati sono: il 48,8% avverte apatia, perdita di forze, debolezza, il 38,2% tende facilmente alla commozione, il 37,0% vive stati di ansia e di depressione, il 30,8% soffre di vertigini. Perciò al 38,2% capita di dover ricorrere a forme di supporto da parte di familiari, amici o volontari.

E per il 72,5% dei malati il dolore è il grande rimosso della nostra società.

Inoltre, il dolore determina spesso solitudine e incomprensione. Il 62,1% dei malati riesce a tenerlo sotto controllo grazie a farmaci, terapie e trattamenti. Tuttavia, il 56,5% delle persone colpite ritiene che nessuno capisca veramente la sofferenza causata dal dolore cronico e il 46,7% si sente solo con il proprio dolore. Il 36,4% ha la sensazione che persino il proprio medico sottovaluti la patologia. Più in generale, per il 72,5% dei malati il dolore nella nostra società è decisamente sottovalutato.

Che cosa si aspettano i malati? Per l’81,7% il dolore dovrebbe essere riconosciuto come una patologia a se stante. Per l’86,2% è fondamentale istituire, nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, uno specialista di riferimento per il dolore cronico di intensità moderata o severa o un servizio specificamente dedicato.

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