La comunità romena in Italia ha ampie percentuali: per i romeni che risiedono nel Lazio, in particolare, partirà, dalla settimana prossima, cioè dal 25 marzo, la campagna di screening gratuito per le epatiti B e C, “Abbiamo fegato!”, presso l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma.

Si tratta di un progetto – in collaborazione con l’Ambasciata di Romania in Italia – per migliorare l’accesso alle cure e che persegue l’ambizioso obiettivo di facilitare la diagnosi e la terapia delle infezioni da virus dell’epatite B (HBV) e dell’epatite C (HCV).

“Le epatiti virali rappresentano ancora una rilevante problematica di sanità pubblica nel mondo“, come sottolineano Gianpiero D’Offizi, Direttore UOC Malattie Infettive Epatologia, Elisa Biliotti e Mariana Badescu, responsabili del progetto “Abbiamo fegato!”.

La campagna di screening (realizzata con il supporto di THE BLOC ITALY e il contributo incondizionato di GILEAD Science)verrà effettuata presso lo Spallanzani presso l’APC Epatologia, in via Portuense 292, il giovedì e il sabato mattina dalle 8 alle 12:30. L’accesso è diretto, senza bisogno di appuntamento, anonimo. E i test rapidi, con risultati disponibili nel giro di 20 minuti, avvengono attraverso semplice puntura al dito.

In caso di test positivo, verrà prenotata, attraverso un percorso dedicato e in collaborazione con la dottoressa Badescu, una visita specialistica presso l’APC Epatologia per confermare la diagnosi e completare gli accertamenti necessari per intraprendere le cure adeguate.

Combattere queste patologie è importantissimo perché “le epatiti virali sono infezioni potenzialmente gravi e asintomatiche nella maggior parte dei casi e lo screening è l’unico modo per individuarle. Se non diagnosticate, con il trascorrere del tempo, possono causare gravi problemi di salute come la cirrosi epatica e il cancro del fegato. La diagnosi e il trattamento dei soggetti con infezione da HBV e/o HCV riducono la circolazione del virus e impediscono il contagio di altre persone”, conclude la dottoressa Biliotti.

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